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http://digilander.libero.it/studioesperia/mainframe/scoliosi/scoliosicapitolocinque.htmGeneralità sulle scoliosi |
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Con il termine scoliosi si intende una deviazione permanente della colonna sul piano frontale, accompagnata da rotazione vertebrale, più accentuata a livello dell’apice (o degli apici) della curva con conseguente formazione di uno o più gibbi dalla parte della convessità della deviazione. Questa deformazione, in genere non reversibile, si aggrava in corrispondenza delle crisi di sviluppo staturale e si arresta nella sua evoluzione quando cessa l’attività delle cartilagini di accrescimento dei corpi vertebrali. Oltre un certo grado di curvatura il peggioramento continua anche dopo la maturità ossea anche se in misura ridotta, da 0,5 a 2° Cobb ogni cinque anni. La malattia insorge ed evolve in maniera subdola senza dolore e senza alcuna compromissione delle caratteristiche generali. Per evitare un riscontro tardivo occorre eseguire in tutti gli adolescenti, in età prepubere, un’osservazione attenta e minuziosa per evidenziare eventuali alterazioni. Nel corso degli anni sono state proposte diverse classificazioni delle scoliosi, ognuna delle quali può essere presa come riferimento in quanto basata su caratteristiche differenti della scoliosi.Classificazione delle scoliosiIn rapporto alla genesi della malattia:- Scoliosi idiopatiche;
– Scoliosi congenite;
– Scoliosi acquisite.
In rapporto all’età di prima osservazione della malattia:
– Scoliosi neonatali;
– Scoliosi infantili;
– Scoliosi dell’adolescenza.
In rapporto alla sede della curva primaria:
– Scoliosi lombari;
– Scoliosi dorso-lombari;
– Scoliosi combinate dorsali e lombari;
– Scoliosi dorsali;
– Scoliosi cervico-dorsali.
In rapporto all’entità della deviazione angolare della curvatura:
– Scoliosi inferiori a 30°;
– Scoliosi tra i 30° e i 50°;
– Scoliosi tra i 50° e i 70°;
– Scoliosi oltre i 70°.
Le scoliosi idiopatiche rappresentano il gruppo più importante e cospicuo di tutte le scoliosi ( 80-88% ). Si riscontrano nel 2% dei soggetti in età pubere, con netta prevalenza nel sesso femminile. La causa che le determina è ignota. Le scoliosi congenite conseguono a malformazioni rachidee (sinostosi vertebrali, emispondili, emisacralizzazioni, sinostosi costali). Le scoliosi acquisite sono riferibili a lesioni della cartilagine di accrescimento di origine traumatica o a lesioni dell’apparato neuromuscolare (cause distrofiche, infettive, neoplasiche). |
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Anatomia patologica delle scoliosi |
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Ogni localizzazione della scoliosi presenta caratteristiche anatomopatologiche elementari definibili attraverso i seguenti elementi:-Curvatura principale o primitiva (Fig.1 a): è quella prodotta direttamente dall’agente eziologico della scoliosi. Essa può interessare ognuno dei distretti rachidei ( dorsale, cervicale, lombare), oppure ognuno dei loro tratti di passaggio. Presenta le maggiori alterazioni strutturali delle vertebre per cui è relativamente facile distinguerla dalle curve secondarie. – Curvature secondarie o di compenso (Fig.1 a): sono quelle curve che si sviluppano nei tratti sopra e sottostante alla curva primitiva, al fine di compensare lo “strapiombo” vertebrale provocato da essa.E’ importante ricordare che la deformazione scoliotica si effettua nei tre piani dello spazio.
1. Curva primaria2.Curva secondaria3.Vertebre apicali4.Vertebre estreme |
Ogni curvatura presenta una vertebra apicale e due vertebre estreme. La vertebra “apicale” è la vertebra posta all’apice della curva, quella cioè che, nel piano frontale, è più distante dal normale asse rachideo. Essa presenta le maggiori alterazioni strutturali in quanto è sottoposta a maggiori sollecitazioni (Fig.1 b). Le vertebre “estreme” sono quelle poste ai limiti della curva. Ognuna delle due non rappresenta altro che la vertebra di transizione o vertebra neutra fra due curve dirette in senso opposto (Fig.1 b). A seconda della gravità della scoliosi si può osservare:
– Rotazione di tutto il tratto vertebrale interessato dalla curva intorno all’asse longitudinale del rachide, con torsione delle singole vertebre su se stesse: i corpi vertebrali, pertanto, si portano verso il lato convesso della curva mentre le spinose si portano verso il lato concavo.
– Deformazione dei singoli corpi vertebrali ( di entità decrescente dalla vertebra apicale alle vertebre estreme), per danno prodotto allo sviluppo endocondrale dalle sollecitazioni del carico che hanno agito asimmetricamente. Le vertebre presentano pertanto un corpo cuneiforme.
– Deformazioni del torace: consistono nel gibbo costale posteriore (che si sviluppa dal lato della convessità della curvatura dorsale) per spinta, sulle costole, da parte delle apofisi traverse delle vertebre dorsali che ruotano su se stesse. Al gibbo posteriore si accompagna con uguale meccanismo un gibbo costale anteriore che si sviluppa dal lato della concavità della curva dorsale.
– Modificazioni degli organi endocavitari ( ipertrofia del cuore destro, stasi del piccolo circolo, etc.) che si instaurano, nei casi più gravi, secondariamente alle descritte asimmetrie toraciche.
Tutti i suddetti reperti sono variamente presenti nelle diverse localizzazioni della curva primaria, di quella curva cioè che attribuisce il nome alla scoliosi in esame.
– Nelle scoliosi lombari si ha una curva principale estesa da D11 a L3 e con apice su L1 o L2; le curve di compenso, a grande raggio, si sviluppano nel tratto dorsale e, distalmente, a livello lombosacrale. (Fig. a)
– Nelle scoliosi dorso-lombari di solito c’è una curva molto ampia estesa da D6-D7 ad L2-L3; la vertebra apicale è rappresentata per lo più da D11 o D12; è frequente uno strapiombo. (Fig. b)
– Nelle scoliosi combinate dorsali e lombari si hanno delle curve principali, disposte ad “S” italica: quella dorsale si estende da D5 a D10 e quella lombare va da D11 a L3, con apice con apice su L1-L2. (Fig. c)
– Nelle scoliosi dorsali la curva primitiva interessa in genere sei vertebre: D4-D6 e D11-D12; la vertebra apicale è la D8 o D9. Si hanno due curve di compenso, una cervico-dorsale e una lombare. (Fig. d)
– Nelle scoliosi cervico-dorsali, molto rare, si ha una curvatura primitiva, a raggio piuttosto piccolo, estesa per cinque o sei vertebre e con apice su D1 o D2. (Fig. d)
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La diagnosi |
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Il trattamento delle diverse forme di scoliosi varia a seconda della causa che ha provocato la deviazione. Quando si può riconoscere una precisa eziologia (es. la poliomielite anteriore acuta), occorrerà rivolgere la nostra attenzione prima alla malattia che è causa dell’alterazione rachidea e solo successivamente, o in contemporanea, alla deviazione scoliotica. In tutti i casi, ma soprattutto quando non è riconoscibile un’eziologia certa, si deve stabilire la prognosi della scoliosi ossia la sua evolutività. Pertanto, in base alla valutazione dei segni clinici e radiografici, si può ipotizzare la progressione della deviazione, quindi il suo peggioramento più o meno rapido, facendo riferimento al tempo che manca alla fine dell’accrescimento corporeo, con particolare riguardo per lo sviluppo della colonna vertebrale. I risultati del trattamento sono subordinati alla diagnosi clinica e strumentale. Le prime indicazioni sono spesso fornite dai genitori che notano asimmetrie del bacino dei figli, messe in evidenza dalla diversità con cui gonne e pantaloni “cadono” sugli arti inferiori, o deformità toraciche. Anche gli insegnanti di educazione fisica, osservando il corpo dei ragazzi in movimento, frequentemente si sono rivelati buoni osservatori indirizzandoli da un medico in grado di valutare la gravità della deviazione. Un primo screening può basarsi sull’osservazione e la valutazione in stazione eretta, facendo attenzione ad eventuali curve sul piano frontale e alle asimmetrie che accompagnano le deviazioni scoliotiche (spalla e scapola più bassa dal lato della concavità, triangolo della taglia più ampio dal lato in cui prevale la concavità, asimmetrie del bacino, ecc.); si deve aggiungere una valutazione del soggetto ad arti inferiori abdotti in misura uguale alla larghezza delle spalle e con busto flesso a 80°-90° per poter rilevare gli eventuali gibbi. Gli autori maggiormente interessati alle deviazioni rachidee hanno avanzato varie proposte di screening scolastico utile per la prevenzione delle scoliosi. Un esempio è quello proposto da R.E. Mc Carthy, uno screening di estrema facilità già attuato in diciannove stati degli USA e proposto dalla Società di Ricerca delle Scoliosi. Il controllo viene fatto dalla quarta elementare alla quinta media, una volta l’anno, utilizzando nella prima fase terapisti della riabilitazione, infermieri ed educatori fisici appositamente addestrati. Successivamente i casi a rischio vengono valutati da medici specialisti. Per questo screening si utilizza lo «scoliometro», fissato sul gibbo durante il banding anteriore (flessione anteriore del busto) a circa 80° per poter valutare il grado di rotazione del tronco. In caso di rotazione superiore a 5° si propone teleradiografia e visita specialistica. Si ritiene che 5° di rotazione corrispondano,normalmente, a 10° Cobb di flessione laterale. Quando l’esame obbiettivo ha evidenziato un atteggiamento scoliotico di un certo livello la radiografia è indispensabile per poter effettuare misurazioni più precise del bacino o degli arti inferiori; lo stesso avviene quando ci sono dubbi di interpretazione fra una scoliosi strutturata e un atteggiamento scoliotico. L’ortopedico P. Sibilla, uno dei maggiori conoscitori della scoliosi in Italia, oltre alla valutazione in stazione eretta e in flessione anteriore del tronco con misurazione clinica dei gibbi, propone anche, con il soggetto posto in banding anteriore, una valutazione eseguita con il tentativo di mobilizzare le curve sul piano frontale con lo scopo di stabilirne il grado di elasticità, definire la curva principale e giungere più facilmente alla prognosi. Nel corso degli anni ci sono state molte altre interessanti proposte ma, in ogni caso, l’esame statico dovrebbe consentirci di poter definire la statica abituale del soggetto, mentre l’esame dinamico mira a valutare la mobilità e la rigidità del rachide per distinguere le scoliosi strutturate dagli atteggiamenti. Oltre al banding anteriore e ai banding laterali è stato proposto un banding anteriore progressivo che permette la palpazione, segmento per segmento, della muscolatura del dorso con lo scopo di verificare eventuali rigidità localizzate, comparando i muscoli posti a destra e a sinistra rispetto al rachide. In ogni caso si dovrebbe cercare di eseguire una diagnosi clinica e strumentale il più possibile attendibile, affinchè consenta una prognosi precoce che è, insieme all’età del soggetto e al potenziale evolutivo della curva, uno degli elementi base per ottenere buoni risultati dal trattamento. |
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L’importanza del quadro radiografico |
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Il quadro radiografico ha un’importanza fondamentale in quanto fornisce i dati essenziali per il giudizio prognostico e terapeutico. Dal radiogramma si possono rilevare: le alterazioni di forma dei corpi vertebrali (aspetto trapezoidale) che decrescono dalla vertebra apicale alle vertebre estreme;l’entità della rotazione dei corpi vertebrali tanto maggiore quanto più l’immagine delle spinose si sposta verso la concavità della curva; la sede della curva primitiva, per inquadrarla in uno dei tipi precedentemente descritti (lombare, dorso-lombare, combinata, ecc.); il grado della curva misurando, ad esempio con il metodo di Cobb, l’entità della deviazione angolare; l’età scheletrica del rachide, cioè il grado di residua attività delle cartilagini epifisarie delle vertebre, valutabile ad esempio con il test di Risser. La valutazione della deviazione angolare con “il metodo di Cobb” si effettua tracciando due linee lungo le superfici superiore e inferiore delle vertebre estreme ed abbassando le perpendicolari a queste linee: l’angolo supplementare “α” che risulta dall’interazione delle due perpendicolari esprime, in gradi, l’entità della curva scoliotica.La valutazione dell’età scheletrica con il “test Risser” si effettua misurando il grado di copertura delle creste iliache da parte dei rispettivi nuclei di ossificazione; tale copertura si sviluppa generalmente in sincronia con l’ossificazione delle cartilagini epifisarie delle vertebre nell’arco di tempo di 26 mesi circa, iniziando (Risser 1) intorno ai 13 anni e terminando completamente (Risser 5) intorno ai 15 anni.
Risser 0 = assenza del nucleo di ossificazione
Risser 1 = comparsa del nucleo di ossificazione che copre la cresta iliaca ; solitamente ciò avviene in senso latero-mediale e la cresta iliaca è coperta fino a ⅓ della sua lunghezza;
Risser 2 = incompleta copertura della cresta iliaca ; ⅔ della sua lunghezza;
Risser 3 = copertura completa della cresta iliaca;
Risser 4 = iniziale sutura del nucleo di ossificazione alla cresta iliaca, solitamente in senso medio-laterale;
Risser 5 = fusione completa.
Generalmente la copertura della cresta iliaca da Risser 1 a Risser 4 avviene molto rapidamente (da 12 a 18 mesi) mentre la completa copertura, quindi il passaggio da Risser 4 a Risser 5, avviene nel corso di 24-36 mesi circa. L’esame radiografico, per essere esauriente, dovrà accertare anche la corregibilità della curva per permettere di stabilire il grado di strutturazione della scoliosi cioè l’entità delle alterazioni morfologiche presenti nel rachide in esame. Per questo motivo i radiogrammi, (sempre eseguiti in proiezione antero-posteriore), oltre che in stazione eretta vanno ripetuti anche in proiezione supina (fuori carico) e rispettivamente in massima inclinazione laterale destra e sinistra: il confronto dei vari radiogramma consente di individuare il grado di corregibilità delle curve e quindi, indirettamente, la loro strutturazione. |
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La prognosi |
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La prognosi costituisce un problema molto delicato poiché ogni tipo di scoliosi ha un diverso potenziale evolutivo. Valgono come elementi orientativi i seguenti concetti generali:la chiusura delle cartilagini epifisarie vertebrali arresta la progressiva evoluzione della malattia e ciò avviene in genere intorno ai 16-17 anni; la crisi puberale rappresenta il periodo più temibile per la progressione della deformità perché si raggiunge, in questa età, il culmine dell’attività osteo-genetica delle cartilagini epifisarie (rapido incremento della statuta). Tre sono i fondamentali fattori che possono definire la prognosi di una scoliosi in atto: l’età del paziente, il tipo di curva ed il grado della curva. Per quanto riguarda l’età, la prognosi sarà tanto peggiore quanto maggiore sarà il potenziale evolutivo della malattia, cioè quanto più lungo sarà stato l’intervallo di tempo tra la data d’insorgenza della scoliosi, non identificabile con la data del suo riscontro clinico, e la data di chiusura delle cartilagini vertebrali. Per quanto riguarda il tipo di curva, la gravità della prognosi decresce dalle scoliosi dorsali e dorso-lombari alle combinate e alle lombari: le prime sono le più gravi perché presentano le maggiori alterazioni strutturali e tendono facilmente ad aggravarsi e a scompensarsi, determinando un notevole squilibrio del tronco. Infine, in relazione al grado di deviazione angolare della curva, è accertato che, con lo stesso tipo di curva e la stessa età del paziente, la prognosi è migliore quando la deviazione angolare è minore. |
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Possibilità di trattamento delle scoliosi |
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Il trattamento delle scoliosi varia in particolare il relazione alla gravità delle deviazioni delle deviazioni del rachide. Nelle forme iniziali, caratterizzate da modesta angolazione (meno di 30°), in sede e in età favorevole, è sufficiente attuare una terapia chinesiterapica tenendo il paziente sotto controllo, per poter intervenire con un trattamento più impegnativo qualora si notasse un aggravamento. Gli esercizi fisici dovranno essere sempre associati a ginnastica respiratoria, indispensabile complemento terapeutico durante tutte le fasi del trattamento. Nelle forme più gravi, con curvatura superiore ai 30°, trova indicazione la terapia ortopedica incruenta consistente nell’applicazione di corsetti correttivi. La terapia ortesica deve essere intrapresa solo quando il trattamento riabilitativo chinesiterapico non è più in grado di contrastare efficacemente l’evoluzione della curva scoliotica. L’applicazione, a tempo pieno o a tempo parziale, è correlata all’entità della curva e all’età dell’individuo. La terapia deve essere protratta fino al termine dell’accrescimento e la rimozione del corsetto deve avvenire in maniera graduale. Per ottenere risultati soddisfacenti dalla terapia ortesica è indispensabile non solo la prescrizione del corsetto nel momento appropriato, ma soprattutto l’indicazione del corsetto idoneo al tipo di scoliosi, poiché ogni ortesi risponde ad una precisa indicazione terapeutica. E’ inoltre necessaria un’attenta e costante verifica dell’efficacia dell’ortesi prescritta, fissa o mobile, a seconda dell’entità della deviazione; gli eventuali controlli clinici effettuati durante il trattamento consentiranno di sostituire l’ortesi o semplicemente diminuire o aumentare le ore in cui il corsetto deve essere indossato, in relazione all’entità della correzione ottenuta e alla maturità ossea raggiunta. L’azione terapeutica di un corsetto scaturisce da specifici criteri di progettazione e costruzione:1) forze correttive agenti sulla deformità con azione di spinta derotante;2) distribuzione delle forze su una superficie più ampia possibile;3) forze agenti tali da consentire al corsetto il ruolo di stimolatore meccanico: il corsetto deve esercitare un’azione periferica di spinta sulla deformità in grado di fornire informazioni ai centri superiori che controllano la postura, stimolando cioè una risposta correttiva a livello centrale;
4) azione correttiva del corsetto graduata all’attuale deformità ma correlata anche al potenziale evolutivo della curva;
5) ogni corsetto deve consentire gli esercizi di cinesiterapia svolti in contemporanea e deve essere realizzato in maniera tale da ostacolare il meno possibile la normale vita di relazione dell’individuo che deve indossarlo.
Nelle scoliosi dorsali e in quelle cervico-dorsali si usa generalmente un “corsetto Milwaukee”, il quale ha preso il nome dalla città in cui è stato ideato. Costituito da una parte periferica in plastica, realizzata su calco di gesso riproducente le caratteristiche anatomiche del soggetto e collegata ad aste metalliche regolabili in altezza, sormontate a livello del mento e della nuca da un collare che stimola l’individuo ad effettuare continui esercizi di autoestensione attiva del rachide, per evitare una fastidiosa pressione sulla cute di queste regioni. Il corsetto, dotato di due aste posteriori e una anteriore, è inoltre provvisto di «pelote di spinta» regolabili che, localizzate nella maniera opportuna, esercitano una pressione sulla gibbosità modellandola. Questo è il corsetto più dinamico, in quanto si basa sul principio dell’allungamento permanente della colonna consentito, prendendo appoggio da una parte sul bacino e dall’altra sull’occipite e sulla mandibola, tramite stimolazioni esterocettive. |